sabato 27 dicembre 2014

Pride

fonte immagine: http://www.mymovies.it/film/2014/pride/poster/0/

Mi ha fatto bene vedere questo film. Ha confortato i miei momenti di avvilimento, quelli che portano a pensare che credere di poter cambiare le cose sia inutile, quelli che lasciano scoraggiati dell'umanità. Invece è stato possibile, e lo è ogni giorno, incontrarsi, conoscersi ed essere più forti nella lotta, per qualunque diritto essa sia. È tutta qui l'umanità. Parte tutto dall'apertura all'incontro con l'"altro". Minatori e lesbiche e gay. 
Questo film mi ha fatto tornare alla mente una bellissima poesia di Brecht:
"Prima di tutto vennero a prendere gli zingari. E fui contento perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei. E stetti zitto perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare."
Loro non hanno lasciato che calasse il silenzio, non hanno lasciato che non ci fosse nessuno a protestare. Ed è quello che vorrei augurare a me stessa, ogni giorno: di avere la forza di oppormi, di levare la mia voce, sempre. Di essere sufficientemente accogliente da non chiudere le porte di fronte a ciò che non conosco e su cui ho un pregiudizio.

mercoledì 10 dicembre 2014

10 dicembre

Tempo fa avevo letto da qualche parte della curiosa coincidenza che interessa la data di oggi, 10 dicembre: si celebra la Giornata mondiale dei diritti umani e proprio in questo giorno del 2006 è morto il dittatore cileno Augusto Pinochet. È morto però impunito, senza aver subito un processo, nonostante la gravissima accusa (e, nonostante per la legge si sia innocenti sino a prova contraria, è profondamente ingiusto etichettare la sua responsabilità atrocemente oggettiva come semplice "accusa") di aver commesso crimini contro l'umanità. Sento viva l'indignazione delle numerose pagine di Luis Sepùlveda su Allende, sui desaparecidos, sulla lotta per la giustizia e la verità. Quanto siamo capaci di svuotare di significato le nostre meravigliose Dichiarazioni universali dei diritti. Nel 1948 come oggi.
Che dire? In piedi, un'altra volta, e che ogni giorno sia quello giusto per i diritti di tutti.

lunedì 8 dicembre 2014

Inaugurazione del presidio permanente No TAV Trentino




Ieri è stato inaugurato il presidio permanente No TAV sul terreno situato in località Acquaviva nel Comune di Besenello (tra Trento e Rovereto), acquistato collettivamente da tutte le persone che hanno aderito alla campagna “Fermiamo il TAV metro per metro” terminata il 31/10. L’area è immediatamente prossima ad un tratto all’aperto del tracciato del progetto TAV a sud di Trento. Questo acquisto collettivo, oltre a regalarci uno spazio per il presidio permanente e le assemblee, sarà utile ad ostacolare le ispezioni preparatorie e gli espropri. In Trentino infatti non sono stati ancora aperti cantieri, ma sono in corso tentativi di indagini geognostiche volte a portare a completamento il progetto definitivo. I proprietari collettivi sono (siamo) 705 ed hanno inaugurato il presidio con tanto di taglio di nastro e brindisi comunitario. Avrei voluto vedere tante più persone, ma è un ottimo inizio. Ho sempre avuto l’impressione che il Trentino si crogiolasse in un’immagine idilliaca di sé, senza mai mettere davvero in discussione scelte politiche assolutamente folli. Ho pensato spesso che ai trentini sembrasse di vivere davvero nella terra finta che si vede nelle pubblicità della Melinda. E invece, naturalmente, non è così, o almeno non per tutti. E l’incontro di ieri ha reso evidente l’esistenza anche di una cittadinanza contraria, perché non è vero che la popolazione del Trentino Alto Adige non si oppone al TAV, come ha invece affermato il Presidente del Consiglio Matteo Renzi a luglio 2014. 

venerdì 28 novembre 2014

Emergency: Intervenire dove l'emergenza ebola è davvero tale




La serata del 26 novembre presso il Teatro Sociale di Trento ha visto la partecipazione del vicepresidente di Emergency Alessandro Bertani, della Dottoressa Annunziata Di Palma (Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento) e di Gino Strada, fondatore di Emergency, tramite un collegamento audio-video dalla Sierra Leone.
Il tema della discussione è stato il virus ebola, che tanto panico sta suscitando a livello mondiale e nel nostro Paese, in particolar modo a seguito del contagio di uno dei medici che lavora per l’associazione. Il punto centrale è stato proprio questo: il terrore generale del mondo occidentale di fronte alla possibile diffusione della malattia. Purtroppo la partecipazione all’evento non era estesa quanto sarebbe probabilmente stato necessario. È stata una serata di informazione viva, diversa da quella che ci viene proposta quotidianamente su questa tematica. Le parole di Gino Strada e di Alessandro Bertani sono state di denuncia e di indignazione, e non potrebbe essere altrimenti. La prima epidemia di ebola risale al 1976 e da allora ad oggi ce ne sono state più di venti, ma il virus sembrava lontano, al di là dei confini, riguardava “altri” uomini. Perciò nessuno ha agito. Nella situazione attuale si manifestano invece con pienezza la scorrettezza e l’ingiustizia dell’agire del nostro mondo occidentale: ora che si teme un contagio ci si affanna nella previsione di protocolli di emergenza, sperimentazioni, ricerca del vaccino, mentre quando la questione era confinata in altre terre, nessuno ha gridato “al fuoco”. Le industrie del farmaco non hanno investito perché non avevano prospettive di profitto, altrimenti il vaccino contro l’ebola esisterebbe già.
La storia si ripete, eppure ciascuno di noi sembra incredulo ad ogni nuova manifestazione di questo sistema di ingiustizia sociale diffusa e omicida che accompagna le nostre vite e che divide da sempre l’umanità in due: quelli che muoiono e quelli che ce la fanno. Il caso del governo sudafricano citato in giudizio nel 2001 da 39 case farmaceutiche per violazione del diritto brevettuale a causa dell’adozione di una legge volta a favorire la produzione locale di farmaci e la loro vendita a prezzi accessibili ai malati di AIDS è esemplare. La questione si era risolta al tempo con un’apparente vittoria: l’azione legale contro il governo del Sudafrica venne infatti ritirata dalle aziende a causa dei danni di immagine che la campagna di informazione e boicottaggio internazionale stava loro creando. Ma l’AIDS era una malattia conosciuta e diffusa a livello globale, di quante altre malattie l’altra parte dell’umanità sta morendo nel silenzio generale?
Gino Strada ha riassunto la situazione mondiale con estrema efficacia: "Il mondo si divide in due, come sempre. In Italia abbiamo un solo malato seguito da trenta medici, in Sierra Leone un medico per trenta malati. Abbiamo bisogno di personale sanitario". Servono interventi finanziari e personale medico là dove l'emergenza è reale, dove l'ebola uccide ogni giorno: in Sierra Leone e in Africa, non in Italia.

martedì 18 novembre 2014

Annotazioni lavorative

Ho passato la notte in bianco per rivedere il progetto di ricerca preparato per un concorso. So che non è grave, non è pesante come un turno in fabbrica, come una giornata in miniera, anche se credo che il diritto al riposo e ad uno spazio per una vita propria sia sacrosanto per tutti. 
Il problema è che anche questa volta, con onestà, le persone che lavorano con me per realizzare questo progetto non retribuito mi hanno detto "presenta il tuo lavoro, fallo, ma non ci sperare troppo, magari la borsa è già stata assegnata". In pochi mesi è la terza volta che per un concorso pubblico qualcuno mi avverte di non crederci ed investirci troppo. E non è giusto.
So che non si tratta del maggiore dei problemi in questo momento: leggo degli studenti desaparecidos, le ultime notizie dalla Palestina... però rivendico il diritto di dire che questa situazione è parte di un'ingiustizia più grande che va ricordata e che non voglio accettare.
Sono una della generazione dei "choosy", Fornero, una che "il posto fisso non c'é più", Renzi, ma rivendico il mio diritto alla possibilità in condizioni di parità. Non condivido né accetto questo mondo che ci vuole tutti in concorrenza, sleale oltretutto.

sabato 8 novembre 2014

Torneranno i prati



Ero sicura che il titolo di questo bellissimo film di Ermanno Olmi, che racconta una notte in trincea durante la prima guerra mondiale, fosse di speranza: "torneranno i prati" nella mia mente voleva dire che la guerra sarebbe finita e si sarebbe nuovamente tornati a vivere in pace. 
Non è così, perchè è vero, non è questa la realtà. 
"Torneranno i prati" significa che tutto il dolore di quelle vite distrutte dalla guerra sarebbe caduto nell'oblio di un futuro senza memoria. Lì dove la morte e il terrore hanno sgretolato gioventù e speranze sarebbe cresciuta nuovamente l'erba e il paesaggio divenuto di nuovo semplicemente bello e privo di sofferenza. E nessuno avrebbe ricordato.
È così per tutte le maledette guerre di ieri e di oggi.
Qualcuno a me molto caro ha sempre detestato la storia: "Non serve a nulla", mi diceva, "continuiamo a fare sempre i medesimi errori". Io invece continuo a credere che possa servire la storia, certo non quella dei vincitori, ma quella che esce dalla bocca di chi l'ha vissuta, la storia dei contadini, dei lavoratori, dei nostri nonni. Serve soprattutto a noi, generazioni che fortunatamente non hanno mai vissuto sulla propria pelle alcun conflitto armato diretto, che ci sentiamo così estranee a questa realtà che continua a devastare il nostro mondo.




Immagine tratta da:  http://ilmanifesto.info/le-ombre-in-trincea-dei-traditi-della-storia/