Stamattina eravamo fuori dal Palazzo di Giustizia di Torino (molti altri si trovavano in aula) per l'udienza che vede imputato Erri De Luca. Fuori dal
Palazzo sono state distribuite copie gratuite del suo ultimo libro "La parola contraria" ed è iniziata
la lettura collettiva: uno alla volta, al microfono, a leggere e fare
proprio un paragrafo dello scritto. Con la rabbia delle 47 condanne di
ieri e la tenacia tipica del movimento NoTAV. Alla fine dell'udienza
tutti insieme abbiamo letto alcune pagine e anche se si è trattato di un
gesto solo simbolico si è sentita la verità delle parole: "Sul banco
degli imputati mi piazzano da solo, ma solo lì potranno. Nell'aula e
fuori, isolata è l'accusa".
mercoledì 28 gennaio 2015
martedì 27 gennaio 2015
Memoria a senso unico
Qualche giorno fa Il Fatto
Quotidiano online riportava la notizia dell’annullamento da parte
dell’amministrazione comunale di Magenta (MI) della mostra dal titolo “Shoah di
ieri e shoah di oggi”. Il motivo? La presenza dei disegni dei bambini di Gaza.
L’organizzatrice è stata accusata di antisemitismo e sommersa di insulti via
mail, nonostante si fosse distinta in passato per essersi impegnata a
diffondere la storia, pressoché sconosciuta, di una famiglia ebrea di Magenta e
l’amministrazione comunale si è scusata definendo la promozione della mostra
“un grave errore”. Tutto questo perché nel 2015 non è possibile considerare
egualmente negati i diritti di popolazioni diverse in epoche differenti, perché
non si possono accostare le barbarie passate a quelle presenti, perché ci piace
tanto parlare di diritti dell’uomo, ma non per tutti, perché gli uomini non
sono tutti uguali. Non credo che il 27 gennaio sia la giornata di una memoria,
soprattutto quando basta guardare alla nostra contemporaneità per vedere quante
future memorie dovranno essere celebrate per tutte le ingiustizie del nostro
presente. Solo due parole, non mie ma che appartengono a tutti: Restiamo umani.
venerdì 9 gennaio 2015
Shell: risarcimento agli abitanti del Delta del Niger
È di ieri la notizia che la Shell risarcirà con una cifra pari a 70 milioni di euro gli abitanti del Delta del Niger a causa dei danni ambientali ed economici procurati loro dalle perdite dei propri oleodotti.
La zona del Delta del Niger è tristemente famosa per la devastazione
del suo ecosistema.È sufficiente digitarne il nome sui motori di ricerca per
visionare le immagini di un inquinamento ambientale terrificante.I responsabili
di questo crimine sono i grandi gruppi industriali che sin dalla fine degli
anni ’60 hanno finanziato le dittature
militari locali ottenendo in cambio la libertà di sfruttare incondizionatamente
la ricchezza del sottosuolo nigeriano. I loro nomi ci sono familiari:Shell, Eni, Total, Chevron, Agip, Exxon
Mobil.Queste multinazionali hanno devastato l’area con le fuoriuscite di
petrolio,contaminato le falde acquifere,i corsi d’acqua,le foreste,i campi e
avvelenato le popolazioni con il gas
flaring (combustione del gas che genera una fiamma sopra le torri
petrolifere) la cui inalazione è cancerogena.Di conseguenza l’economia locale
ne è uscita distrutta,come la vita di tutti gli abitanti.Nel 1995 la Shell venne accusata di essere
coinvolta nell’esecuzione del leader del movimento del popolo Ogoni,Ken
Saro-Wiwa,nel corso delle proteste contro la compagnia petrolifera e chiamata a
rispondere in giudizio del proprio operato. Ne uscì con un patteggiamento,senza
ammettere alcuna responsabilità.
La notizia del risarcimento è
sicuramente positiva,ma non può certo essere sufficiente. Serve un cambiamento
radicale. Le multinazionali sono di fatto libere da vincoli giuridici specifici
e questo permette loro di contrattare con gli Stati le condizioni di produzione
che pongono loro meno limiti a discapito dei diritti più fondamentali dell’uomo.
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