venerdì 20 marzo 2015

Abbraccio tra padrone e schiavo?


Ieri pomeriggio, presso il Campus Luigi Einaudi dell’Università degli Studi di Torino, si è svolto un incontro con Omar Barghouti, co-fondatore del movimento BDS per il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro Israele, dal titolo “Quale contributo possono dare i popoli alla soluzione del conflitto in Medio Oriente?”. Purtroppo non sono riuscita a liberarmi in tempo per assistere all’intero intervento ed ho potuto ascoltare solo l’ultima parte. Mi ha colpito molto il suo modo di spiegare la situazione dei territori occupati, con parole estremamente dirette ed efficaci. Gli europei, spiega Barghouti, amano molto vedere i palestinesi e gli israeliani fare delle cose insieme e pensare che la soluzione del conflitto sia possibile mediante il dialogo, l’amore e la comprensione reciproca, “ma se tu vedi un padrone e uno schiavo abbracciarsi quello non è amore, è stupro”. Occorre dunque innanzitutto porre fine all’oppressione di una parte sull’altra e riconoscere i diritti fondamentali del popolo palestinese, o non potranno esserci né amore né dialogo alcuno. Quello di Israele è un colonialismo di insediamento che deve finire perché sia possibile iniziare a parlare di confronto e trattativa in Medio Oriente. Alle numerose critiche, provenienti in particolar modo dagli Stati Uniti (ma non dimentichiamo le difficoltà estreme incontrate in Italia dagli intellettuali che desiderino parlare in maniera critica della questione mediorientale, si veda ad esempio l’articolo di lettera43: http://www.lettera43.it/esclusive/palestina-la-guerra-con-israele-nel-mondo-accademico_43675161844.htm), mosse al movimento BDS, che è stato accusato di voler “distruggere Israele”, Barghouti risponde con una sola battuta: “l’uguaglianza e la libertà hanno forse distrutto il Sudafrica? La sola cosa che la libertà e la giustizia distruggono è lo schiavismo e l’apartheid”. Il problema non è dunque “il diritto all’esistenza” di Israele, ma se il regime di occupazione di Israele sui territori abbia il diritto di esistere.
Mi spiace non aver sentito qualcosa circa la recentissima elezione di Netanyahu, argomento che Barghouti ha sicuramente affrontato nel corso del suo intervento, ma è possibile leggere un’interessante intervista tratta da Il Manifesto: http://bdsitalia.org/index.php/ultime-notizie-sulbds/1709-barghouti-manifesto.

21 anni e nessuna verità


Sono passati 21 anni dall'esecuzione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin a Mogadiscio. 21 anni e nessuna verità. Recentemente sono emerse finalmente delle prove circa il depistaggio che avrebbe portato alla condanna di un uomo che si trova in carcere da 13 anni per il loro omicidio senza colpa alcuna, come la famiglia Alpi ha d'altra parte sempre sostenuto. Il testimone che ha accusato l'uomo che si trova attualmente in carcere (che non ha tuttavia mai preso parte al processo) ha confermato di non essere stato presente sul luogo dell'esecuzione e di aver fatto il nome dell'uomo su indicazione e in cambio della possibilità di fuggire dalla Somalia. Sapevamo già tutti che non si era trattato di una rapina, nonostante questa sia sempre stata la versione ufficiale. Ma adesso ci sono le prove. Ed è ora di porre fine a questa vergogna.

lunedì 16 marzo 2015

Terra promessa

Ho cercato conforto dopo aver ascoltato le parole di Salvini e quelle dei miei concittadini che protestano contro l'ipotesi di aprire un centro per accogliere 100 persone a Faedo (TN) incitando a "bruciarli tutti". Lo cercherò anche per le parole che pronunceranno i Salvini di turno domani. E, per fortuna, l'ho tovato:




giovedì 19 febbraio 2015

Bella ciao



Questa sera, presso il Teatro San Pietro di Mezzolombardo (TN), ho avuto il piacere di ascoltare un concerto del coro trentino "Bella ciao". è stato emozionante ripercorrere attraverso i canti di operai, contadini, emigranti, donne e partigiani quel passato recente di sofferenze che ha costruito il nostro presente che è certo complicato, eppure pieno di conquiste che non difendiamo abbastanza. Dalla prima guerra mondiale, ai campi di internamento, dalla vicenda di Sacco e Vanzetti, ai minatori, agli emigranti, alle mondine nei campi, ai partigiani sui monti. Quante battaglie, quante rivoluzioni, quanto sangue, quante sconfitte, ma anche quanta nuova libertà. Sembra incredibile come tutti i canti del nostro passato resistente siano traslabili sulle storie dei migranti, dei poveri, degli emarginati e dei resistenti di oggi. Quasi a ricordare che siamo un tutt'uno, quasi a ricordarci che la lotta non è affatto terminata.

mercoledì 28 gennaio 2015

Processo a Erri De Luca


Stamattina eravamo fuori dal Palazzo di Giustizia di Torino (molti altri si trovavano in aula) per l'udienza che vede imputato Erri De Luca. Fuori dal Palazzo sono state distribuite copie gratuite del suo ultimo libro "La parola contraria" ed è iniziata la lettura collettiva: uno alla volta, al microfono, a leggere e fare proprio un paragrafo dello scritto. Con la rabbia delle 47 condanne di ieri e la tenacia tipica del movimento NoTAV. Alla fine dell'udienza tutti insieme abbiamo letto alcune pagine e anche se si è trattato di un gesto solo simbolico si è sentita la verità delle parole: "Sul banco degli imputati mi piazzano da solo, ma solo lì potranno. Nell'aula e fuori, isolata è l'accusa".

martedì 27 gennaio 2015

Memoria a senso unico



Qualche giorno fa Il Fatto Quotidiano online riportava la notizia dell’annullamento da parte dell’amministrazione comunale di Magenta (MI) della mostra dal titolo “Shoah di ieri e shoah di oggi”. Il motivo? La presenza dei disegni dei bambini di Gaza. L’organizzatrice è stata accusata di antisemitismo e sommersa di insulti via mail, nonostante si fosse distinta in passato per essersi impegnata a diffondere la storia, pressoché sconosciuta, di una famiglia ebrea di Magenta e l’amministrazione comunale si è scusata definendo la promozione della mostra “un grave errore”. Tutto questo perché nel 2015 non è possibile considerare egualmente negati i diritti di popolazioni diverse in epoche differenti, perché non si possono accostare le barbarie passate a quelle presenti, perché ci piace tanto parlare di diritti dell’uomo, ma non per tutti, perché gli uomini non sono tutti uguali. Non credo che il 27 gennaio sia la giornata di una memoria, soprattutto quando basta guardare alla nostra contemporaneità per vedere quante future memorie dovranno essere celebrate per tutte le ingiustizie del nostro presente. Solo due parole, non mie ma che appartengono a tutti: Restiamo umani.

venerdì 9 gennaio 2015

Shell: risarcimento agli abitanti del Delta del Niger


È di ieri la notizia che la Shell risarcirà con una cifra pari a 70 milioni di euro gli abitanti del Delta del Niger a causa dei danni ambientali ed economici procurati loro dalle perdite dei propri oleodotti.
La zona del Delta del Niger è tristemente famosa per la devastazione del suo ecosistema.È sufficiente digitarne il nome sui motori di ricerca per visionare le immagini di un inquinamento ambientale terrificante.I responsabili di questo crimine sono i grandi gruppi industriali che sin dalla fine degli anni ’60 hanno finanziato le  dittature militari locali ottenendo in cambio la libertà di sfruttare incondizionatamente la ricchezza del sottosuolo nigeriano. I loro nomi ci sono familiari:Shell, Eni, Total, Chevron, Agip, Exxon Mobil.Queste multinazionali hanno devastato l’area con le fuoriuscite di petrolio,contaminato le falde acquifere,i corsi d’acqua,le foreste,i campi e avvelenato le popolazioni con il gas flaring (combustione del gas che genera una fiamma sopra le torri petrolifere) la cui inalazione è cancerogena.Di conseguenza l’economia locale ne è uscita distrutta,come la vita di tutti gli abitanti.Nel  1995 la Shell venne accusata di essere coinvolta nell’esecuzione del leader del movimento del popolo Ogoni,Ken Saro-Wiwa,nel corso delle proteste contro la compagnia petrolifera e chiamata a rispondere in giudizio del proprio operato. Ne uscì con un patteggiamento,senza ammettere alcuna responsabilità.
La notizia del risarcimento è sicuramente positiva,ma non può certo essere sufficiente. Serve un cambiamento radicale. Le multinazionali sono di fatto libere da vincoli giuridici specifici e questo permette loro di contrattare con gli Stati le condizioni di produzione che pongono loro meno limiti a discapito dei diritti più fondamentali dell’uomo.