Oggi per la prima volta nella mia vita mi sono sentita disoccupata. Che originalità, con tutte le persone disoccupate che ci sono, la mia non è certo una situazione inedita.
Eppure dopo un concorso andato male ho camminato per le strade di questa città che amo e odio da sei anni, e mi sono sentita estranea a tutto. Luci, negozi aperti, scaffali pieni, oggetti inutili, persone affannate, signore distinte oscillanti sui loro tacchi alti, colori. Tutto sembrava irraggiungibile e lontano, sebbene indesiderato. E ho avuto la conferma sensibile che questo mondo che ci siamo costruiti ed edifichiamo ogni giorno con rinnovata obbedienza fa di noi delle persone a una dimensione.
Accetterei qualsiasi lavoro in questo momento, metterei da parte i miei sogni, perché ho bisogno di autonomia, come tutti. E allora giù la testa, piegandosi a contratti vergognosi, concorrenza spietata, imbrogli, concorsi truccati, per arrivare alla carriera, alla prospettiva di vivere per lavorare. Certo, non tutti siamo affamati di potere, eppure ci rassegniamo a questa situazione, perché "c'é la crisi", perché ci hanno e ci siamo convinti che sia normale.
Dall'altra parte siamo bombardati da bisogni sempre nuovi e crescenti, creati per darci l'illusione di riempire i vuoti lasciati dall'assenza di una vita che possa essere considerata tale.
Partecipiamo come ingranaggi piccoli ed ostinati a questo meccanismo degradante.
Stasera chi vive al mio fianco mi ha detto: "Pensare che tu mi abbia preparato la cena mi
fa venire da piangere, perché so che io non avrei il tempo di farlo, e non è giusto. Sono stufo di vivere così". Stufo di un contratto che scade a dicembre, di un lavoro che ama ma che non gli permette di vivere se non fra mille calcoli e rinunce, dell'assenza di prospettive, dell'assenza totale di tempo per sé. Sta lavorando anche ora chi vive al mio fianco, mi ha detto che ne avrà per tutta la notte.
Sono sempre stato convinto che la determinazione sia l'unica difesa a quanto sta succedendo attorno a noi. Non ho altro che quella e l'instancabile voglia di non farmi ingabbiare. Fa male sentirsi tali, scoprirsi succubi e piegati alle dinamiche che hai raccontato così bene. Il mio sospiro, dopo la lettura del tuo post è stato lungo. L'unica cosa che mi viene in mente, quasi automaticamente è la frase di Arrigoni: "restiamo umani". Questa sarà l'ancora a cui mi aggrapperò ogniqualvolta mi sentirò messo in competizione col mio vicino, quando l'esito di una "selezione" mi farà sentire "abile" o "meno" a qualsiasi lavoro stia cercando. Restiamo umani, appassioniamoci e non lasciamoci intristire. La tristezza e la rabbia è il motore di questo sistema, rendiamolo noi INUTILE. Difficile sorridere dopo questo post, ma è quel che farò pensando ad una cena pronta frutto dell'affetto che nessuno potrà togliermi da dietro la sua scrivania.
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